Maryam Bukar Hassan, la prima Global Advocate for Peace ONU: quando la poesia smaschera l’ipocrisia del potere
- Gerardo Fortino
- 30 lug
- Tempo di lettura: 2 min

La Nigeria ha dato i natali a una voce potente, e le Nazioni Unite — quelle stesse spesso imbalsamate tra burocrazie e risoluzioni rimaste nei cassetti — decidono ora di affidarle un ruolo ufficiale: Global Advocate for Peace ONU. Nome altisonante, missione ambiziosa. Lei si chiama Maryam Bukar Hassan, ma in scena è “Alhanislam”. Poetessa, artista spoken word, attivista. Una che con le parole ci sa fare, eccome. E forse, proprio per questo, potrebbe risultare più scomoda che celebrata.
Una nomina che suona bene. Ma basterà?
Nel fine settimana è arrivato l’annuncio: le Nazioni Unite istituiscono, per la prima volta nella storia, la figura del “Global Advocate for Peace”. Un ruolo concepito per dare voce — letteralmente — all’agenda ONU su pace, sicurezza e inclusione. Si tratta di una carica formale inserita nel cosiddetto Peace and Security Pillar, uno dei pilastri retorici su cui si regge l’impalcatura diplomatica dell’ONU.
La funzione? Usare narrazione artistica, comunicazione digitale e storytelling poetico per sostenere due agende specifiche: “Donne, Pace e Sicurezza” e “Giovani, Pace e Sicurezza”. Titoli rassicuranti, come certi comunicati stampa scritti con l'acqua distillata.
Chi è davvero Maryam Bukar Hassan?
Non una diplomatica in tailleur grigio topo, né l’ennesima consulente ben pagata in power point. Maryam Bukar Hassan è una performer. Una che calca palchi internazionali e scuote coscienze con la voce, non con i grafici. TED Talks, World Bank Youth Summit, SDG Awards: la sua poesia si è già fatta strada tra i tavoli dove si decide poco e si parla tanto.
Con il nome d’arte Alhanislam, Maryam è diventata un simbolo del potere trasformativo della parola. Non quella finta, ovattata, da comunicato ONU. Ma quella vera, che punge, interroga, destabilizza. Ha creato video per la Giornata della Pace (“Peace Begins With Me”) e ha partecipato a campagne creative per l’Agenda 2030. Ma il suo talento, per ora, ha brillato più nei festival che nelle stanze del potere.
Dall’arte ai palazzi: missione impossibile?
E qui arriva il punto dolente. Se da un lato l’ONU applaude con entusiasmo la nomina — Jean-Pierre Lacroix e Rosemary DiCarlo si sono affrettati a benedire l’ingresso della poetessa nei ranghi — dall’altro viene da chiedersi: quanto spazio reale avrà Maryam in una macchina che ha fatto della lentezza e del compromesso la sua cifra?
L’arte, si sa, commuove, smuove. Ma le istituzioni la digeriscono solo quando è addomesticata. E Maryam non sembra il tipo da farsi addomesticare. Il rischio? Che la nomina resti una bella etichetta da esibire nei convegni, mentre i conflitti veri — Yemen, Sudan, Palestina, Ucraina, tanto per citarne alcuni — continuano ad avanzare tra silenzi imbarazzanti e risoluzioni inascoltate.
Il debutto: SummerStage con Femi Kuti
Il primo banco di prova sarà il SummerStage di New York, domenica 27 luglio. Sul palco, insieme a lei, ci saranno nomi come Femi Kuti ed Elida Almeida. Un battesimo che sa di spettacolo più che di diplomazia. Ma forse è proprio questo il messaggio: la pace non si costruisce solo nei palazzi. Si canta, si urla, si declama. E può anche partire da una rima, se quella rima è vera.

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